Politics

Coronavirus, la quarantena e i criteri per riaprire la città

Quando e come Roma tornerà alla normalità? O almeno avremo un tracciato che ci porti alla normalità? È la domanda che ci facciamo tutti e a cui, in un modo o nell’altro, dovremo dare una risposta: lo stato sospeso, in termini economici e di psiche collettiva, non aiuta.

Ci sono varie opzioni sui criteri della ripresa, sarà un processo graduale. Quale gradualità, allora? C’è un modello, che per semplicità chiamiamo israeliano, che si basa sull’età della popolazione: sappiamo che i bambini e i giovani hanno un tasso irrilevante di contagio e soprattutto un pressoché inesistente rischio di gravi patologie. Allora la popolazione può uscire, evitando che esca, per adesso, chi ha più di 70 anni. Una seconda tesi è la gradualità territoriale. Si è bloccata tutta l’Italia per la paura che l’epidemia si diffondesse rapidamente dal Lombardo-Veneto. Questo, per fortuna e per i provvedimenti del governo, non è avvenuto. Gli ultimi dati ci indicano in 53mila il numero di contagiati in Lombardia e in 4mila nel Lazio: dieci volte e più inferiore. È possibile perciò seguire questo criterio: liberalizzare di più dove il tasso di contagio è più basso, o meglio dove il parametro R0 (il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto) è nettamente inferiore a 1.

Roma è in questa situazione, quindi potrebbe aprire prima. Un terzo criterio è di aprire tutte quelle attività dove ragionevolmente si può assicurare la distanza sociale: perciò piccoli negozi, artigiani, servizi alla persona, fabbriche dove è assicurata la distanza, cantieri e quant’altro ricada nella medesima situazione. Questo significa investire anche sulla responsabilità dei romani, perché ripristinando le uscite dovranno comunque essere evitati raggruppamenti, assembramenti, feste. I dati di Google indicano che a Roma la riduzione della mobilità in queste settimane è stata del 94 %, in media con il resto del Paese, e perciò la regola di non uscire di casa è stata rispettata. C’è poi un ultimo e più importante criterio, che porterebbe alla ripresa nel Lazio prima di altre regioni, che possiamo definire come l’impatto dell’epidemia sul sistema sanitario. Nella nostra regione ci sono 590 posti di terapia intensiva, adesso portati a 763 e che finora non sono mai stati saturati, neppure nei giorni di picco dei contagi. Abbiamo gli stessi posti di terapia intensiva (rispetto alla popolazione) della Lombardia, ma abbiamo dieci volte meno contagi. Questo dovrebbe rassicurare rispetto alla capacità del sistema sanitario laziale di “governare” le conseguenze del virus. Naturalmente ci può essere un mix dei quattro criteri nell’individuare la soluzione ottima. Su due criteri Roma è decisamente messa meglio, su un altro è in linea con altre regioni e sull’età, naturalmente, non c’è differenza. Insomma, se la tendenza attuale sarà mantenuta anche nei prossimi giorni, Roma forse potrà uscire dal tunnel un po’ prima degli altri. Speriamo.

Related Articles

Back to top button
Close